10 domande sul Consiglio Pastorale Parrocchiale

1) A cosa serve il CPP? 
Il suo compito è quello di fare discernimento, ovvero di cercare il bene possibile per la parrocchia, di chiedersi dove il Signore ci sta portando.

2) Da chi è composto? 
Membri di diritto sono i presbiteri della parrocchia, una rappresentante delle comunità religiose presenti, eventualmente i diaconi che lavorano in parrocchia. Poi c’è una parte del consiglio, la cui grandezza dipende dal numero dei parrocchiani, che viene eletta dalla comunità e una parte (meno di un terzo degli eletti) indicata dal parroco.

3) Come viene eletto? 
L’elezione avviene per tutte le parrocchie della diocesi domenica 19 aprile 2015. Durante le messe viene distribuita una scheda per la votazione che può avvenire sia nel corso della stessa o al suo termine. Possono votare quelli che abitano nella parrocchia o che la frequentano regolarmente.

4) Le caratteristiche di un consigliere?
Per partecipare al Consiglio Pastorale Parrocchiale, oltre ad avere 18 anni, occorre semplicemente essere un credente. Non è chiesto anzitutto di avere già un impegno preciso nella comunità, anche se ovviamente è bene che le diverse realtà che operano in parrocchia siano tenute in considerazione.
Ma il CPP non è un parlamento nel quale prendere le parti del proprio gruppo, quanto piuttosto il luogo in cui farsi carico del cammino del cristiano comune, di tutti. Per questo i consiglieri devono essere “cristiani comuni” che vivono la fede con le fatiche e le gioie di tutti. Forse in modo specifico a loro è chiesto di sostenere il cammino non solo personale ma anche degli altri, del bene di tutta la comunità cristiana.

5) Quanto dura, quanti incontri?
Il CPP dura per 4 anni. Normalmente esso prevede un incontro a scadenza mensile e quindi circa 6 incontri all’anno, che avvengono alla sera. È buona cosa che i consiglieri partecipino, secondo le loro possibilità ai momenti salienti della vita della comunità che fanno anche essi parte del cammino del CPP.

6) Come lavora?
In ogni incontro in genere si comincia con una preghiera semplice e breve per metterci sotto la guida dello Spirito e in ascolto della Parola di Dio. Poi attraverso un ordine del giorno precedentemente preparato e possibilmente già conosciuto, si affronta un tema (in genere è bene non avere troppe cose da affrontare per dare modo a tutti di intervenire).
Un momento importante è quello dell’ascolto: può essere fatto sia in assemblea che a piccoli gruppi. Si cerca ogni volta di giungere a delle conclusioni condivise.

7) Di cosa si occupa?
Se il compito è quello del discernimento, non sono oggetto del CPP né discussioni sui massimi sistemi (per questo è bene che ci siano momenti di approfondimento negli itinerari formativi), né questioni pratiche e tecniche (il costo delle salamelle della festa patronale è meglio lo decida una apposita commissione!).
È una sorta di “livello medio” del pensiero, che si occupa del bene complessivo della comunità ma anche del bene possibile, realizzabile, che possa essere oggetto di passi concreti.

8) Chi decide?
Spesso questa sembra la domanda decisiva. Ed essendo il CPP un organo “consultivo” si finisce per difendere o le prerogative del parroco (alla fine è lui che decide) o quelle dei fedeli (a cosa serve consigliare se poi uno ha già deciso in altre sedi?).
Il problema vero è “come” si arriva ad una decisione. È vero che alla fine l’ultima parola è quella del parroco, me egli stesso può effettivamente prendere l’ultima parola se prima ha ascoltato dalla prima alla penultima, le parole di tutti!
Senza questo ascolto ogni decisione nasce debole e priva di quel consenso o meglio di quella comunione di cui ha bisogno.

9) È necessario?
Si e non solo perché è un preciso dovere che il Vescovo chiede ad ogni parrocchia, ma perché se non ci fosse un organo di ascolto, di consultazione, di discernimento, di condivisione, dove camminare insieme (sinodalità) dovremmo inventarne uno. Sarebbero alla fine gli “amici del parroco” o i “partiti” delle diverse corporazioni. Ma allora è meglio far funzionare bene, per quanto possibile questo strumento di comunione!

10) È utile?
È difficile valutare l’utilità del CPP in termini di efficienza. Il CPP non è un Consiglio di amministrazione di una azienda che possiamo valutare dai bilanci, né un Consiglio di condominio dove ciascuno litiga per i propri interessi (anche se a volte rischiamo di cadere sia nella formalità farraginosa dei primi che nella conflittualità dei secondi); somiglia più ad un Consiglio di famiglia, dove proviamo a parlarci e a prendere insieme le decisioni di cui la vita familiare ha bisogno. Il buon esito di un CPP dipende dal clima spirituale, da quanto aiuta ciascuno a comunicare nella fede, a crescere nel proprio cammino di credente, affezionarsi di più al cammino degli altri suoi fratelli. Se questo accade è certamente utile al di là delle attività e delle iniziative che il CPP riesce e promuovere.