San Bernardino

La prima notizia esplicita della chiesa risale alla visita pastorale del 1567, quando fu descritta come un edificio già consolidato: tre altari, consacrata, un tetto in laterizzi, porte e finestre con grate ed una campana; era dipendente dalla parrocchia di San Pietro in silvis e vi si tenevano le celebrazioni per i confratelli della “Scuola del Santissimo Corpo”.
In precedenza ci sono due citazioni, una relativa ad un testamento del 1547 per “una selva vicina a San Bernardino”, e una seconda che ricorda “in questa chiesa dal 1554 l’istituzione della confraternita intitolata alla Beata Vergine Maria ed a San Bernardino”; entrambe, in accordo con lo stato del fabbricato nel 1567, suggeriscono l’esistenza sul posto di un luogo di culto già prima della metà del secolo.
Nel 1574 la visita di San Carlo rilevò la presenza della “Scuola del Corpus Domini” e della “Scuola di San Bernardino”, trovando la chiesa in condizioni decorose, benché ancora senza sacrestia e senza più la campana, con l’altare della Madonna alla destra del maggiore e quello di San Rocco alla sinistra; come d’abitudine furono ordinate una serie di migliorie alla chiesa e fissate delle regole per le dette Scuole.
Le visite seguenti del 1581, 1586 e 1597 indicarono che pochi lavori erano stati eseguiti, che le celebrazioni erano sempre molto poche, ma che la confraternita era sempre attiva e fondata “sulle prediche del Santo raccolte nelle cronache delle visite di San Bernardino”, che predicò a Varese nel 1431 e nel 1439.
San Bernardino, nato nel 1380 a Massa Marittima da nobile famiglia senese, frequentò lo Studio senese e a 22 anni vestì l’abito francescano. Nell’ordine divenne uno dei principali riformatori del francescani osservanti.
Devoto della Madonna fu un grande predicatore alle folle nelle piazze e banditore della devozione al santo nome di Gesù: ne faceva incidere il trigramma <<JHS>> nel sole raggiante (di sua invenzione e che è diventato il suo emblema) su tavolette di legno, che dava da baciare al pubblico al termine delle prediche. Stenografato ingegnosamente da un discepolo, sono giunti fino a noi i discorsi in volgare di Bernardino, che aveva parole durissime per quanti “rinnegano Iddio per un capo d’aglio” e per “le belve dalle zanne lunghe che rodono le ossa del povero”.
Dopo la sua morte nel 1444 a L’Aquila, dove, già morente, era giunto per la sua opera di pacificazione durante le lotte tra le opposte fazioni, e il suo corpo dentro la bara cominciò a versare sangue e il flusso si arrestò soltanto quando i cittadini si rappacificarono. Fu canonizzato nel 1450 a soli 6 anni dalla morte, ed è patrono dei pubblicitari.
Nel 1606 venne istituita la festa della Madonna di San Bernardino: l’immagine della Vergine con il Bambino sopra l’altare, pur essendo già allora molto rovinata, godeva sempre di una grande devozione.
Seguirono nel corso del XVII secolo parecchi lasciti, anche di famiglie non indunesi, che permisero di ingrandire la chiesa fino a quasi a ricostruirla, con la tipica struttura settecentesca, come risulta dalla visita del 1687, quando la chiesa misurava 20 per 11 metri.
L’altare maggiore era stato dedicato alla Madonna con l’immagine venerata (vi saranno poi deposte nel 1688 le reliquie di alcuni santi e martiri), a destra era in costruzione l’altare di Sant’Agnese e Sant’Eurosia, a sinistra c’era quello di San Bernardino, Sant’Antonio e San Filippo Neri (quest’ultimo non più citato nel 1751) e si stavano creando due sagrestie.
Nel XVIII secolo il santuario visse un periodo di grande favore, essendo il più grande e frequentato oratorio di Induno Olona, con forte concorso di popolo anche dai paesi vicini, specialmente alla festa, che allora si teneva tra il 20 ed il 25 maggio.
Nel XIX secolo fu rifatta la facciata ad opera di Francesco Negri, si decorarono gli interni e si realizzò la Via Crucis sui lati del piazzale, inizialmente con affreschi, poi con bassorilievi; verso la fine del secolo la festa divenne sempre più importante, anche con fuochi d’artificio e fu spostata all’8 settembre, data canonica della natività di Maria.
Nel XX secolo, con il contributo di molti, ci furono parecchi lavori di restauro conservativo: nel 1929 il rinnovo del tetto; nel 1949 il restauro ad opera dei Grandi dell’affresco della Madonna; nel 1950 una nuova variante della Via Crucis; nel 1954 il rinnovo delle decorazioni interne, che comportò anche il quasi completo rifacimento dell’affresco della Madonna;nel 1956 la riconsacrazione del nuovo altare.
L’interno è formato da due zone rettangolari: quella di fondo, a fianco della quale si aprono i vani delle due sagrestie, contiene l’altare maggiore con una volta a crociera e con una grossa ancona in marmo che incornicia l’affresco della Madonna, mentre altri due affreschi sulle pareti rappresentano la Adorazione dei pastori e la Natività di Maria; l’altra zona ha due grandi nicchie laterali con i due altari minori.
L’altare di destra è sormontato da un affresco rappresentante la Morte della Vergine e la sua Assunzione in cielo, quello di sinistra da un affresco con le figure di san Francesco e di altri due santi interpretabili come San Bernardino e San Bonaventura.
Sopra la zona centrale una finta cupola contiene una corona di angeli attorno alla colomba dello Spirito.
La collocazione della chiesa, nell’attuale contesto viario è estremamente infelice, poiché le cinque strade che vi convergono la costringono al ruolo indegno di rotatoria, senza neppure un marciapiede continuo, e la separano dal piazzale della Via Crucis.

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